DICONO DI NOI
"...Para siempre è poesia, soprattutto per la capacità di condensare le emozioni e trasferirle al corpo, dove la figura retorica predominante sembrerebbe essere l'ossimoro, dove si allineano contraddizione e opposto nell'implacabile esattezza del gesto corporale, capace di portarci a impensabili abissi di dolore e felicità.
Para siempre è poesia scritta con il corpo, è rituale in due tempi, in due intensità. Lei è gesto contenuto sul punto di esplodere, Lui è contenzione, introspezione..."
"...un tavolo, due sedie, due persone, due amori che si agitano nello stesso viavai dell'abitune e della routine, dietro...la musica. La tragedia, non poter guardarsi, occhi che s'incontrano e si sfuggono, ognuno alienato nella sua nevrosi, competendo in un gesto minimo e feroce che ad un certo punto esplode nel parossismo del pianto, lo schiaffo, la risata..."
"...Para siempre è uno spettacolo intenso e delicato, estatico e pieno di passione. Il suo nome eterno ed effimero come la antinomia dell'amore...ancora una notte, delle mani che si toccano, corpi che si svegliano, seduti nell'abisso delle loro vite, il silenzio che assorda per sempre..."
EL APUNTADOR - Genoveva Mora Toral
"...in Para siempre le emozioni eD i pensieri dei personaggi si rivelano in una figura perfetta, in una cadenza precisa e implacabile del gesto e delle azioni che, sprovviste della parola, ci obbligano a conferire loro un significato proprio e unico per ogni spettatore."
"...Angeloni e Baculima riescono a comporre una fisicità dei personaggi che corrobora la semplicità magnifica che lo stesso spettacolo propone. Questo modo di muoversi e coesistere sulla scena, precisa e austera, è la traduzione più adeguata per consolidarne la formula e per sottolineare la disconnessione di quella sincronia che ad un certo punto, provoca il giro di volta della storia.
Para siempre, indubbiamente è uno dei migliori spettacoli presentati a Cuenca negli ultimi tempi."
EL APUNTADOR - Ernesto Ortiz
TU
Ad esempio “Tu” del Piccolissimo Teatro, spettacolo per un solo spettatore alla volta, ti fa sedere davanti ad un mini carrozzone dove scorrono immagini artigianali di pannelli in legno, figure proiettate, personaggi di pastella, disegni animati. Pochi minuti, dolci, teneri, sognanti, leggeri (ma con finale tutt'altro che consolatorio) per guardare dal buco della serratura e sentirsi già adolescenti, sbirciare dove non si può, entrare, con gli occhi e le pupille, a scovare un mondo altro, un universo non riconoscibile ai più ma soltanto a chi ha cuore e coraggio per mettere lo sguardo dentro il cannocchiale. Una cuffia e già la percezione dell'intorno cambia senso e forma; in scena, sul piccolissimo teatro, si avvicenda un uomo che per necessità deve emigrare. Solo, abbandonato, emarginato, ripudiato e allontanato da tutti, trova un amico simile a lui, un cane randagio. In un naufragio l'amico peloso perde la vita mentre il migrante viene incarcerato e lì, tra incubo e realtà, l'uomo (si chiama Tu, perché potremmo essere, un giorno, tutti noi nelle sue stesse condizioni) sogna la libertà, una libertà dalla schiavitù e dalla sbarre, una libertà anche chiamata morte.
FESTIVAL INCANTI
Tommaso Chimenti